La maggior parte di noi si porta dentro, da sempre, un viaggio, che non è una semplice visita, ma un sogno. E va crescendo a poco a poco, costruendosi una delicata architettura. E’ un’amabile malinconia, che sviluppiamo con un complicato processo: senza voli aerei, senza tempo, senza soldi. Dalle palpebre verso dentro.

Un viaggio di questo tipo si alimenta di letture, cartoline illustrate, carte geografiche, ortografie, persone che arrivano con delle notizie, avventure vissute da altri e di cui uno si sente partecipe, nell’oscurità di una sala cinematografica o a casa, soli davanti al televisore.

Un pezzetto dopo l’altro prende forma il paesaggio che si riproduce una realtà che non si può toccare, ma forte come il vincolo che unisce il corteggiatore alla sua amante segreta. Credo sia una sorta di pellegrinaggio che ha a che vedere con il luogo a cui, per motivi misteriosi, sentiamo di voler appartenere

(da “Amor America” di M.Torres)

Perle di saggezza popolare (grazie a Venessia.com)

Io vado...

...nella mia nuova casa

martedì 27 maggio 2008

Educarsi ad educare

Condivido anche con tutti voi, un commento che ho lasciato nel blog della lista di mio papà... il blog è un blog politico, ma questa discussione mi è sembrata importante e, se mi passate il termine, "socialmente politica"... la trovate qui . Secondo me è molto interessante: dateci un occhio!

Ecco quello che ho scritto io:

Entro in punta di piedi in questa discussione, che ha catturato la mia attenzione e stuzzicato i miei pensieri. Devo premettere che non ho seguito tutti i ragionamenti precedenti, ma devo ammettere che le parole del signor Ervas mi hanno particolarmente colpita.

Cose ne son già state dette molte e non vorrei ripetere tutte quelle riflessioni attente e profonde che sono già state scritte, anche perché, come Nicola, mi ritengo fin troppo inesperta per parlare di genitori e responsabilità educative. Al contrario, "rubo" tutto quello che ho trovato scritto qui, per metterlo nello zaino: un giorno sarà utile anche a me!

Però, come dicevo prima, qualcosa ha stuzzicato i miei pensieri e, sempre in punta di piedi, volevo condividerli con voi. Ma prima, permettetemi di fare qualche premessa…

Sono pienamente d'accordo con mio papà, quando lascia alla famiglia l'onore (sì, perché è un onere, senza dubbio, ma soprattutto un onore direi) di educare i figli! Tutto quello che gira loro attorno va ad inserirsi in una terra più o meno curata, più o meno fertile.

Ma sono altrettanto convinta che spetti a noi, come società, creare un ambiente quanto più salutare, stimolante e creativo per noi e soprattutto per i “nostri” ragazzi. E' un dovere sociale. E politico!

Io personalmente vivo l'ambiente dei bambini/ragazzini/giovanissimi soprattutto nell'ambito scout, dove il mio essere "educatrice", mi porta inevitabilmente a cercare di osservare i ragazzi e il loro mondo con particolare attenzione. Per poterli aiutare, anche se solo in minima parte, a diventare dei "buoni cittadini", bisogna riuscire a capire chi siano realmente questi ragazzi, le loro famiglie, i loro interessi, le paure, i vizi, i desideri… e questo significa “giocare il gioco” (sempre per usare un termine scout), anche con i loro strumenti.

Ognuno di noi (genitore e non),dovrebbe vivere attivamente il mondo con e nei suoi cambiamenti, con un occhio clinico, più che con uno critico: che sappia cioè intuire, vedere oltre le apparenze e i luoghi comuni; che sappia trovare (e sfruttare), il buono di tutti quei cambiamenti, oltre la tv/spazzatura, oltre i giovani/allo-sbando, oltre i rapporti/ormai-solo-telematici… tutti binomi che solitamente riempiono le piazze di discussioni, ma che poi lasciano sempre il tempo e lo spazio che trovano.

E’ vero: “la tv fa il suo mestiere”, come dice il signor Ervas. La televisione vive nel e del mercato e si sa che quando si parla di affari e di mercato, rimane a galla solo chi sa soddisfare i bisogni (i desideri, in questo caso) della maggioranza. In ogni caso, la televisione (quella di stato, almeno), come la famiglia nei confronti del figlio, dovrebbe arrogarsi il pieno diritto di educare. Lo chiamo diritto perché, come per il lavoro di un genitore, è sicuramente anche un dovere, ma deve essere prima di tutto un onore! Quella stessa corda, per riprendere l’esempio di mio papà, che a volte viene lasciata un po’ e che poi si ritira prontamente… un equilibrio stabile tra lo svago, la compagnia, l’informazione e l’insegnamento. Il cittadino va “educato ad educarsi”, proprio come un figlio.

Tutto questo per dire che a livelli diversi, certo, ma ognuno di noi ha la propria “responsabilità educativa”, che va presa personalmente: ognuno per ciò che fa, per ciò che può e che sceglie di fare.

E se qualcuno avesse voglia di dire qualcosa... lì (e qui) si può! ;)

2 commenti:

Artemide ha detto...

Questa riflessione è molto intensa e profonda stellina...ho dato una veloce occhiata anche al sito del papi... L'argomento meriterebbe un commento infinito e quindi, sai che condivido i tuoi passi e magari ci troveremo a chiacchierare di questo attorno a un tavolo e a una carbonara ;)
Ce l'ho un sedicenne in caso, e con loro ci lavoro tutti i giorni... Insomma, se ghemo capio!!
Un abbraccio grande e bravissima per il tuo riuscire ad andare sempre oltre..

Stefi ha detto...

Già... è una cosa che meriterebbe spazio e dibattito! ma appena ho letto i commenti precedenti, mi è subito partita la valvola del cervello! ;p
no, dai, mi son sentita un sacco di cose da dire! anche se poi, scrivendo... mi sono accorta che.. ci sarebbe trooooooppo da dire!!
vabbè, dai, un inizio! ;)

in ogni caso, ti aspetto per la carbonara!!! :D :D

un strucotto!!

 

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