La maggior parte di noi si porta dentro, da sempre, un viaggio, che non è una semplice visita, ma un sogno. E va crescendo a poco a poco, costruendosi una delicata architettura. E’ un’amabile malinconia, che sviluppiamo con un complicato processo: senza voli aerei, senza tempo, senza soldi. Dalle palpebre verso dentro.

Un viaggio di questo tipo si alimenta di letture, cartoline illustrate, carte geografiche, ortografie, persone che arrivano con delle notizie, avventure vissute da altri e di cui uno si sente partecipe, nell’oscurità di una sala cinematografica o a casa, soli davanti al televisore.

Un pezzetto dopo l’altro prende forma il paesaggio che si riproduce una realtà che non si può toccare, ma forte come il vincolo che unisce il corteggiatore alla sua amante segreta. Credo sia una sorta di pellegrinaggio che ha a che vedere con il luogo a cui, per motivi misteriosi, sentiamo di voler appartenere

(da “Amor America” di M.Torres)

Perle di saggezza popolare (grazie a Venessia.com)

Io vado...

...nella mia nuova casa

giovedì 30 ottobre 2008

Scivolando


Discover Eva Cassidy!



I piedi scivolano sulla strada ancora bagnata lasciando orme che ancora suonano questa deliziosa ballata folk di Eva Cassidy.
Non sono più abituata a tutte queste macchine.. mi disturbano e mi distraggono. Venezia suona di passi.. di quelli degli altri che si mescolano ai miei, fino a confonderli.. qui invece non riesco a distinguere i suoni.. sono tutti rumori slegati

Mi rifugio in un bar per un caffè o forse per fuggire la frenesia degli altri.
E' strano come, davanti ad un vetro, uno si ritrovi a guardarne il riflesso che dà dietro alle spalle: la guardo mentre prepara i caffé macchiati in tazza grande e serve brioches calde alla crema cotta.
Chissà perché, con la strada che scorre davanti a me, io sbircio quello che accade dove gli occhi non arrivano.. a disegnare il contorno di ombre sfumate appoggiate al bancone.


Decido di fare il giro per il centro, dove le auto sono poche e si riesce ancora a sentire quell'accarezzarsi ruvido delle giacche con le ventiquattro ore in pelle.
Mi ritrovo seduta accanto al fiume.. sembra che ormai mi senta a casa solo qui: cerco acqua che scorra sotto ai piedi e che si porti via la voce roca di Tom Waits.

Mi dimentico dell'orologio.. alle 9 mi aspettano là! ..ma mancano ancora cinque minuti.
Devo sistemarmi i capelli e ordinare i pensieri.. si fa così agli appuntamenti, credo.
I capelli devono essere sempre ordinati, ripeteva continuamente mia nonna... i miei invece sono sempre strampalati e sfuggono a quel bastoncino di legno che spunta da dietro.. mi piace pensare che lui sia lì per catturare tutto quello che si avvicina ai pensieri e per qualche motivo non arriva a contatto con la pelle.. se ne sta a qualche centimetro di distanza, inconsapevole che quel bastoncino è lì solo per infilzarlo e portarlo giù, insieme agli altri.. vagabondi in terra straniera.

Devo aver catturato un pensiero che non mi appartiene perché continuo a guardarmi i pantaloni pensando che avrei potuto mettere gli altri.. che non è bello presentarsi con i jeans strappati sotto..
quel bastoncino ha catturato il pensiero sbagliato.. qui le mani si accocolano dentro alle tasche proprio come piace a me!

Penso che questi cinque minuti non passano mai.. a volte il tempo sembra impigliarsi come un dito nella ragnatela.. se ne stacca, sì.. ma ti restano i fili tutti attorno.. fili invisibili. Questi cinque minuti sono lì, preda facile.
Penso che vorrei che oggi fosse domani.. o forse che domani fosse oggi..
mi ritrovo anch'io impigliata tra i fili del tempo e mi sembra che, ora, i miei passi siano più leggeri.. non vedo più i contorni bagnati, non sento l'umidità né quel fruscio sotto ai piedi..

Suono il campanello e mi ritrovo già su..

Ho dimenticato di sistemare i capelli! ..ma non credo che a mia nonna, in fondo, dispiacerà!


(grazie a Radha per lo spunto del suo "passo a due" e delle foto ai piedi in movimento! ..ora ne ho pieno il computer!ah!pensa ti!)

lunedì 27 ottobre 2008

Always be yourself along the way, living through the spirit of your dreams

Non possiamo sapere cosa ci potrà accadere nello strano intreccio della vita.
Noi però possiamo decidere cosa deve accadere dentro di noi, come possiamo affrontare le cose, e quale decisione prendere, e in fin dei conti è ciò che veramente conta.
(J. F. Newton)




E ricordati, io ci sarò.
Ci sarò su nell’aria.
Allora ogni tanto, se mi vuoi parlare, mettiti da una parte, chiudi gli occhi e cercami.
Ci si parla. Ma non nel linguaggio delle parole. Nel silenzio
(Tiziano Terzani)



(titolo da "Ordinary Day" di Dolores O'Riordan)

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La storia dell'aquilone rubato

- Raccontami una storia, papà!
- C’era un’anfora vecchia che il contadino voleva buttare perché screpolata
- Ahhhhhhh! Me l’hai già raccontata, papà!
- Mh…
Allora ti racconto la storia di Peter, un bambino sperduto che viveva in un’isola lontana, dal nome che nessuno sa più ricordare…
- Ma papàààààà!...
- Ragazzo mio… ci vuole pazienza! Chiudi gli occhi e vieni con me…

Questo è il paese dei bimbi sperduti, dove la terra è ancora terra e profuma di lavoro; dove il sole scalda ancora i piedi che scalpitano per le strade e il vento s’infila nelle barbe scure di uomini vestiti di bianco.
Questa non è un’isola come le altre. Negli altri posti i bambini si ritrovano insieme a bambole parlanti, carte di mostri con le spade dorate e gli occhi magici, macchinine veloci come la luce e omini minuscoli alla ricerca di un tesoro dentro una scatola luminosa… ma alla fine succede sempre che dopo un po’ si stancano perché vorrebbero quel che non c’è… vorrebbero perfino quel che si son dimenticati di volere!
In quest’isola lontana invece i bimbi sperduti giocano con quello che non c’è… ed è così che dei panni stracciati diventano palloni avvelenati e dei frammenti di roccia, coraggiosissimi soldatini in guerra… ma la cosa più bella è quando della carta colorata diventa mille splendidi aquiloni.

Peter viveva qui ed era qui che sgattaiolava tra i viali polverosi con la sua maglietta verde e il cappellino a punta, come un folletto. Aveva un sorriso contagioso e i bimbi sperduti gli volevano bene per questo… nonostante fosse il più grande, non si stancava mai di giocare ed immaginare. Con le sue invenzioni strampalate riusciva sempre a far rotolare la felicità… dicono sia per questo che l’avevano eletto il loro piccolo grande capo. Raccontano anche che sapesse anche volare… sì, gli altri bimbi ne erano sicuri, solo che lui non aveva ancora capito come farlo.

Peter aveva un fratello di nome Hassan, un ragazzino moro, con gli occhi di un cerbiatto ed il sorriso dolce della luna.
Hassan doveva avere qualcosa di magico nelle mani, perché i suoi aquiloni correvano su a fare il solletico al vento. Lui, solo lui, riusciva a far fare loro le capriole o a farli mettere a testa in giù e rotolare fin dentro alle nuvole per bagnarsi i capelli con quella spuma bianca per poi uscire a saltellare a pochi centimetri dai tetti bianchi ed infilarsi tra le stole chiare delle donne intente ad intrecciare vimini.
Quando Hassan faceva volare il suo aquilone, tutti i bimbi lo guardavano dalla cima della collina verde, insieme a Peter che intanto balzellava tra un ramo e un altro per raggiungerlo, attaccarsi alla coda e farsi trasportare. Volteggiava che sembrava volare con delle ali invisibili fino al sole, e più in là.
Ma per Peter questo non era abbastanza, voleva volare e voleva pensava che potesse riuscirci solo con l’aquilone di Hassan, voleva sentirlo intrappolargli le dita tra i fili… voleva essere lui.

Fu così che in una calda notte di giugno, Peter entrò nella stanza di Hassan e gli sfilò da sotto al letto il suo aquilone scuro dai contorni bianchi per portarlo fin sulla collina verde… a quell’ora nessuno poteva vederlo, nessuno poteva fermarlo.
C’erano solo lui, e il vento… che lo aspettava come ad un appuntamento troppo importante da mancare.
Peter teneva in mano il suo trofeo rubato, quando iniziò la corsa verso la distesa color del grano… regalava il suo filo alle dita del vento, senza sapere che il vento non si accontenta mai, vuole di più e soffia più forte, e tira e strappa e scherza e si sposta e si gira.
Nel mezzo del buio della notte, però sentì uno strappo e cadde all’indietro… il vento si era portato via il suo aquilone e gli aveva lasciato tutto quel filo che gli era entrato dentro alle dita.

...l’aquilone di Hassan… se almeno gliel'avessi chiesto!…

Non poteva abbandonarlo così, doveva andare a riprenderselo! Sapeva volare, te l’ho detto, e così cominciò a saltellare tra i rami finché non fu abbastanza in alto per spiccare il volo…


Se chiedessimo alla luna che da lassù li guardava danzare insieme, lei ci direbbe che Peter volò insieme al vento più in alto, proprio dove non era mai arrivato… che era felice come quando si gioca con quel che non c’è… come quando si arriva più su.
Stando lì, a volare, si era dimenticato dell’aquilone… quello, dopo tanto cullare, aveva deciso di ritornar giù, si era infilato nella finestra di Hassan ed era tornato a dormire sotto il suo letto.

Peter invece aveva deciso di non tornare, di starsene lassù tra le stelle e la luna a fare quello che aveva sognato da sempre… ma, ragazzo mio, se guardi bene, in alcune notti d’estate, quando la luna illumina il cielo, tu potrai scorgere quell’aquilone!



E’ Hassan, che nel mezzo di quella distesa color grano, manda il suo aquilone fin lassù, tra le braccia di Peter… per salutarlo e ricordargli che non occorreva il suo aquilone scuro dal bordo bianco, per arrivar fin lassù…
bastavano le sue gambe e la sua voglia di volare… di andare più in là




(liberamente ispirato da "Peter Pan" e "Il cacciatore di aquiloni", dalla "Grammatica della fantasia" di G. Rodari", dalla costellazione di Bootes che è qui raccontata dalla mitttica wikipedia, da "Non Rubare" e... e... e...)

venerdì 24 ottobre 2008

E li chiamano regali





Arriva senza spiegazioni ed infila un raggio di sole nella cassetta della posta.
Per farcelo entrare lo trasforma in un foglio con dentro parole...
Una lettera, dicono.
Macché! Se questa è una lettera, io son Babbo Natale… mh…
Ah!

Credo si chiamino regali, ma sono più grandi… anche se son talmente piccoli da perdersi in una mano! Sono sensazioni che esplodono al contatto con la pelle e spargono frammenti dappertutto. Si vanno ad infilare perfino dietro agli occhi e li trasformano… li lavano! Tolgono quella patina di abitudine che a volte si deposita davanti. In un istante tutto è più colorato.. troppo! Sgargiante. Rivedi tutto ciò che c’era prima, ma ora ha preso vita!

E ridi!
Sì, ridi! Che c’è di male?! Ridi come i pazzi! Perché, non lo sei?!
Ridi anche con le mani… sì, dev’essere per questo che stasera hai cucinato il risotto più buono che sia mai passato tra le tue dita!

Quasi quasi apro la finestra e urlo! Ah! Chiameranno la neuro?!
Ahahhhhh
Quasi quasi vado direttamente alla neuro e contagio tutti!!

Scie



Il sole se ne stava seduto comodo, ospite della notte. Gli ho ceduto la mia sedia, perché potesse appoggiarci le braccia e stendere le gambe, dopo quella lunga giornata. Io mi son seduta davanti, spalle al muro, in silenzio.

Era ieri sera; quando mi ha raccontato la storia dell’anfora vecchia: dopo tanti anni di onorata carriera, era ormai piena di crepe e non faceva più il suo lavoro. Ad un uomo si chiede di sorridere; ad un’anfora di trattenere l’acqua, coccolandola nei suoi movimenti.
Il contadino aveva smesso di sorridere perché quell’anfora aveva smesso di fare il suo lavoro… e l’acqua se ne usciva dalle crepe. E lui faticava inutilmente. E non sorrideva.

Mi sembrava una storia triste da raccontare… io ieri avevo voglia di sorridere. Ad un uomo si chiede di sorridere, no?
Lui non si è scomposto… anzi, s’è messo comodo.

"C’hai pensato a dov’è andata quell’acqua?
Te l’ho detto che devi usare gli occhi quando ascolti! Le storie vanno create a colpi di pennello… sono libri di parole ed immagini, senza didascalie. L’acqua… Che ne è stato di lei?"

"E’ caduta. Ha lasciato scie? o rivoli..."

"Scie, sì. Ma non d’acqua… Scie di fiori.
Lui percorreva quella strada tutti i giorni, dal pozzo del paese a quello del suo giardino. L’acqua cadeva goccia a goccia lungo la sua strada. Pazientemente e costantemente cadeva.
Cadeva sui semi.
Ci sono sempre dei semi lungo la strada.

E’ incredibile come un’anfora screpolata abbia fatto nascere dei fiori.


Hai dato da bere ai tuoi fiori, oggi?"

martedì 21 ottobre 2008

Magic Moments

"Magic Moments" - Neil Sedaka


Discover Perry Como!





Avrà avuto ventotto anni, o poco più. E' solo che quel sorriso che aveva sempre stampato in viso e quel suo modo un po' impacciato di salutare, lo facevano sembrare appena un ragazzino.
In paese lo conoscevano tutti, ma in pochi erano riusciti ad attraversare quei suoi occhioni neri... molti si erano persi ed erano naufragati in quel mare scuro e profondo. Forse è perché tutti sono abituati a dover cavalcare onde su onde e rinforzare le vele nella tempesta.. che poi, nel bel mezzo del mare calmo, ci si perde... non si è abituati alle cose semplici! Perché siamo pieni di strumenti e marchingegni per andare controvento, per andar più veloci, per superare la nebbia.. ma quando, nel mare calmo, tutti questi non ci servono più, allora prevale la paura.. per la prima volta non ci sono scuse.. acqua nell’orologio o compassi difettati.. solo noi, a giocare..
Ma la maggior parte delle volte, ci siamo dimenticati come si fa!

Ai bambini però lui piaceva! Perché ogni volta che incontrava qualcuno di loro, tirava fuori dalla tasca uno o due foglietti di carta colorata e in pochi minuti li trasformava in un airone o in un lombrico saltellante.. in un elicottero col cappello o in una rosa senza spine! Una volta ha dato forma perfino ad una nuvola.. dicono che quasi quasi si sentisse anche il vento, a toccarla!
Questa della carta, era la sua più grande passione: fin da quando andava a scuola, nell'ora di disegno, passava tra i banchi a raccogliere i ritagli che lasciavano gli altri; se li metteva tutti in tasca e poi, a ricreazione, da quelle tasche uscivano i fiori più profumati, i bambini più vari, gli animali più diversi.
Pensavano tutti che fossero delle tasche magiche... solo con l’andar del tempo scoprirono che, di magico, lui aveva le mani!
Ma d'altronde è sempre così: la magia sembra essere nascosta nella piega di quello che, per uno strano caso, indossiamo.. e invece pochi sanno che lei si rotola dentro le mani e i piedi di tutti. Qualcuno passa così tanto tempo a cercare, che a forza di rimestare e rovesciare come si fa in uno scatolone, la fa scivolare in fondo, giù fino alla pianta dei piedi.. troppo distante per essere riacciuffata.
Qualche altro invece pensa di averne talmente tanta da poterla buttare.. ormai a quella magia si è abituato, così inizia a dimenticarsene.
Altri la trovano ogni tanto.. mentre son seduti aspettando il treno, mentre passa una macchina gialla, mentre stanno per bruciare l’arrosto o pulendo il bagno.. mentre sentono una foglia cadere o mentre giocano con un foglietto di carta da buttare, per ammazzare il tempo.. la prende semplicemente quando arriva, ci gioca e ci costruisce un momento a forma di girandola o di spazzolino.. è un momento, che diventa magico.

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sabato 18 ottobre 2008

Succede... Basta un secondo

"Daffodil lament" - The Cranberries


Discover The Cranberries!




Succede che...

ad un certo punto la tua scatola di colori cade per terra e si rovesciano sul pavimento migliaia di frammenti d'arcobaleno che scheggiano il vetro sottile del tuo disegno.

nel preciso istante in cui accade vorresti con tutto il cuore essere lontana, a mille miglia di distanza dalla vita.. ma ti ritrovi a stringergli le mani quasi a pregarlo di non farti andare.

qualcosa che assomiglia ad un taglio ai fili su cui eri appesa.. quei fili che hai odiato e che hai pazientemente rosicchiato, ora dopo ora, sfilacciandoli e sperando che si spezzassero.. ma che ora, a terra e con le gambe indolenzite, vorresti che fossero di nuovo lì a tirarti su le braccia e a scegliere per te la direzione dei piedi.

improvvisamente ti senti infinitamente piccola, fragile allo sguardo.. quasi rischiassi di frantumarti quando gli occhi volano sulle dita. Per la prima volta hai la sensazione di essere fatta di sola carne, di sangue che scotta sotto alla pelle. Senti le budella contorcersi in una danza africana.. ogni bastone piantato a terra rimmbommba dentro ai muscoli.

in una briciola di tempo scegli di abbandonarti ad una lacrima... solo una, ti prometti
e poi un'altra, e un'altra ancora.. per scoprire con meraviglia che quei frammenti di colore che se ne stavano nascosti dietro ai tuoi occhi, ora stanno scivolando via.. li accompagni con le mani, come quando pulisci la tavoletta dove hai appena lavato i tuoi calzini consumati.
E così ti ritrovi con la testa nascosta nella sua giacca, con un'inspiegabile voglia di piangere.

proprio quando la lancetta dell'orologio si prepara a percorrere il 52° minuto della mezzanotte, decidi di svuotare la borsa da quei mille pezzetti minuscoli del puzzle.. te li vedi sopra al tavolo, incastrati storti, sottosopra; ti sembrano tanti, tutti identici..
in quel preciso momento percepisci un fremito.. a volte lo chiamiamo stupore.. altre volte, paura.. da dove comincio, se il disegno attaccato alla scatola non ho mai voluto vederlo?


Basta un secondo
Non sai di preciso quando, né perché..
ma succede!

Ed è proprio allora che senti quello che altre volte ti eri semplicemente presa senza troppi pensieri o avevi dato con la leggerezza di cui solo il cuore sa sentirne il peso, quello che adesso ti libera dalla stretta e ti stabilizza il respiro,
quello che ...
e ...



quello, sì! proprio quello! ..un bacio
Basta un secondo
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lunedì 13 ottobre 2008

Profumo di notte

"Attraversare la notte" - Tiromancino


Discover Tiromancino!






Me ne stavo distesa con lo zaino sotto alla testa; le scarpe sull'erba, ai piedi della panchina grigia.
Poco alla volta ho iniziato a scrivere una storia... è stato quando un folletto si è avvicinato piano e mi ha abbassato la luce: le ha dato sfumature rosse, a tratti gialle.. c'ha messo anche del nero e del blu.. in fondo, a sprazzi, si vedeva ancora l'azzurro. Poco alla volta ha disteso una coperta scura sopra la mia testa, finché la luce non s'è spenta, nascondendo agli occhi l'immagine di quel che mi stava intorno.
Iniziò facendo dei buchini su quella coperta scura.. forellini gialli, splendenti! Lanciò in aria una palla bianca.. dev'essere stata tutta appiccicosa, perché si attaccò alla coperta e da lì non scese più.. solo rotolava un poco, molto lentamente.


Intorno vedevo solo ombre.. quelli che sotto la luce azzurra sembravano attori che camminavano su e giù per il palco e produttori e scenografi intenti ad organizzare, ora parevano figuranti di cartone scuro, immobili.. abbandonati nelle quinte di un teatro, fino al prossimo spettacolo.
Avrebbe dovuto essere tutto com'era prima, ma ora non ne ero più così sicura… perfino i piedi mi sembravano distanti, così lontani da me.


Siamo schiavi della vista! Tutto passa sempre prima dagli occhi: una scansione attenta ci fa immaginare di aver visto tutto. Di notte, invece, quando la vista si spegne, come una lampadina che d’un tratto si surriscalda, ci si perde nel buio: muovi le mani, tossisci, giri la testa qua e là tra la speranza di intravedere qualcosa e la paura di vederla. Cerchi i punti di riferimento che prima erano illuminati dal sole, ma che ora non riconosci più..
Ti senti quasi indifeso, una boa in mezzo al mare.. ancorato lì. Non perché tu ci voglia davvero rimanere, ma solo perché non sapresti dove altro andare.. e così ti resti dove sei, in balia di quel tutto che ora non vedi più.

Poi un po’ alla volta capisci che non è con gli occhi che devi cercare.. e allora inizi ad usare le mani: tocchi intorno e dai agli oggetti che ti ritrovi tra le dita un aspetto nuovo.
Io appoggiai le mani sull'erba.. la sentivo umida, fredda. Sopra c'erano come dei fogli di carta crespa, ne sentivo i contorni spigolosi, la pelle rigida; scricchiolavano ad ogni mio tocco... avrei giurato che ci fossero foglie lì sotto, invece ora mi immaginavo coccarde rosse su un mantello di ciniglia, ancora umido dopo la lavatrice.
Passai le dita sulla panchina.. era granulosa.. mi immaginavo distesa su un dolce di riso soffiato e mars! sentivo i chicchi sotto ai piedi, li sentivo tra le costole, dietro alle spalle.. O forse era solo perché avevo fame!!

Quel metro e mezzo che mi circondava ora era tornato ad avere una forma, un’immagine nuova.. ma le mani non bastavano più.
Provai ad annusare, per cercare di cogliere quel che c'era più in là, per dare un volto ai figuranti su cartone scuro. All’inizio l'aria sapeva semplicemente di… notte! la sentivo uguale a tutte le altre. Ma lentamente quell'odore diventò di mille odori.. odori che non avevo mai sentito, che non sapevo distinguere o non riuscivo a dare loro un nome, né una casa.
Riuscii a riconoscerli davvero solo quando li assaporai: mi bagnai le labbra e sentii il gusto di quell'umidità.. quella che prima percepivo solo attraverso i piedi, quella che se ne stava nascosta tra la pelle e la camicia, quella che mi era entrata nelle ginocchia.
C’era dentro tutto, era perfino un po’ salata… si avvicinava al gusto della pioggia e della nebbia. Ma non era nulla di tutto questo.

Mi sfiorò il pensiero che in tanti anni, non avevo mai gustato la notte così. Tante volte mi era capitato di starmene lì, seduta da qualche parte, in mezzo ad un bosco senza sentire altro che i suoi rumori, senza riuscire a vedere ad un passo da me. Ma forse non avevo mai provato ad aspettare, ad ancorare la mia boa… forse me n’ero sempre andata per non rischiare di perdermi nel buio o perché mi ritrovavo delusa dal solito gusto di notte che sentivo ogni volta. Chissà…

Questa volta credo di aver davvero guardato ed ascoltato la notte, ascoltando i suoi rumori, decifrandoli ed immaginandoli nuovi…

Quando aprii gli occhi, c'era una coccinella gialla che se ne stava seduta sul mio calzino.. mi piace immaginare che si fosse infilata sotto la coperta scura con me, ad ascoltare.. ma in realtà magari era semplicemente curiosa di dare una forma a quella figurante di cartone scuro che probabilmente avevo preso io ai suoi occhi… lei, così piccola, che aveva avuto il coraggio di volare nonostante il buio.
Ho avuto la sensazione che condividessimo qualcosa al di là delle parole.

Tutto il resto invece era diverso: la coperta scura non c'era più, il riso soffiato era tornato ad essere duro e grigio come il granito e le coccarde s'erano staccate dal mantello e sembravano semplicemente… foglie.
Ero sicura che quel folletto m’avesse raccontato una storia… ma ora non la ricordo più… forse se n’è scappata tra i forellini di quella coperta scura…

giovedì 9 ottobre 2008

domani toglierò il cappello

"Altrove" - Morgan


Discover Morgan!



C'è un omino piccolo piccolo, porta in testa una caciottina blu, di lana.
C'è un cane, gli cammina sempre due passi avanti senza voltarsi
mai

L'omino tiene il passo, il cane decide
la strada

A volte si ferma: una mano accarezza il cappello e il cappello accarezza i pensieri
Poi riparte

Il cane fa la strada, la caciottina decide
il tempo

L'omino tiene il passo...
domani toglierò il cappello... wow!!

mercoledì 8 ottobre 2008

Una mattina di ordinaria follia

"Marieta monta in gondoea"

Discover Various Artists!



Stamattina odio!!
Odio chi calcia via i sassi dal centro della strada. Che è?! Devi fare ordine?! Quelli non se ne possono star tranquilli un attimo che qualcuno, passando, li deve spostare, muovere, rotolare... non potrebbero dare un calcio alle loro inquietudini invece di farle venire agli altri?!
Odio vedere quella ragazza che pulisce i vetri della porta principale. Sta togliendo le impronte di chi l'ha attraversata, la polvere che se ne stava lì a disegnare ombre, granello dopo granello.
Odio chi mi passa davanti in mensa... "perché stamattina-ero-a-lezione--tra-dieci-minuti-devo-andare-dal-prof--gli-devo-consegnare-un-messaggio-segreto-da-parte-del-Rettore--poi-devo-andare-a-lavorare--e-----ho fame!" Ehi, Superman, io, secondo te, ci son venuta a fare cosa in mensa?! se mi avessi detto che le cose stavano così, mi mettevo anch'io la maglietta di wonderwoman sotto al maglione!!
"..devo passare prima perché me l'ha ordinato il dottore: sindrome di Capitan Uncino! Se non mangio entro mezzogiorno mi parte la sveglia e il coccodrillo mi sente-mi trova-mi raggiunge-mi mangia!"
Odio chi gioca col cellulare e inonda il meraviglioso silenzio che c'è qui fuori con spade, urla e squilli di tromba dal castello di Re Artù. Ehi, Lancillotto! Artù è partito per una grande battaglia, ho sentito che ha bisogno di cavalieri coraggiosi, forti ed astuti... secondo me saresti perfetto! Vai e salva il mondo... ti ricorderò nelle mie preghiere!
Odio questo posto enorme, in cui è impossibile trovare un bagno!! Fino a poco tempo fa facevo lezione in palazzi vecchi dai muri umidi; su pavimenti sconnessi che ballavano al ritmo delle parole dei prof e dei piedi di chi si annoiava; ascoltavo lezioni attorcigliata su scale strette e contorte se arrivavo in ritardo. Facevo la fila di un quarto d'ora per conquistare l'unico bagno che c'era: una scatola con il coperchio che si chiudeva sotto le chiacchiere delle infinite persone che si ritrovavano lì ad aspettare bevendo caffé e copiando appunti. Ci stavo bene in quel posto ondulato, mi piaceva il mal di mare quando stavo sul pavimento... ora è tutto troppo bello, troppo pulito, troppo grande, troppo perfetto!
Sono qui a girare come una biglia in una pista in spiaggia: seguo corridoi su corridoi, sbattendo qua e là, tra chi aspetta di essere ricevuto, chi deve registrare l'esame, chi attacca foglietti in cerca di case, letti e compagni di studio... ecco, quasi quasi, se funziona con le case, provo con il bagno: "Cercasi disperatamente bagno, meglio stanza singola... e magari meglio entro due ore e non entro la fine di ottobre.. non so se riesco a resistere tanto!"
Continuo a rotolare chiedendomi che senso abbia l'ufficio di un prof di archeologia in mezzo al dipartimento di studi storici.. ma! questi, il bagno, ce l'hanno tutti in ufficio?!?!

(
Solo dopo un lungo peregrinare scopro con infinita tristezza che avevo passato una decina di bagni! Non potevo immaginare che ora li facessero con le porte automatiche e delle elegantissime targhette ad indicarne la presenza... io cercavo omini in rosso, appesi sugli stipiti!
Probabilmente con i tagli del governo hanno deciso di licenziare anche loro e sostituirli con un'anonima e minuscola targhetta... O forse gli omini si son rotti di star lì dalla porta! Hanno visto che tutti si sapevano arrangiare da soli e hanno deciso di andare a farsi un giro in barca!
)

Odio gli ascensori con gli specchi: mi mettono ansia perché non so mai dove guardare... mi sembra di approfittare della loro doppia faccia per controllare se i capelli degli altri sono in ordine o sbirciare dove vanno le mani mentre si chiacchiera.
Questo poi, ha lo specchio pure sul soffitto!! Non mi resta altro da fare che concentrarmi sui pulsanti allora... inventerò una spy story: un'incursione del Dipartimento di Archeologia in quello di Studi Storici per liberare quel loro concittadino, intrappolato nei ricordi! O un incontro segreto tra il Dipartimento di Studi sull'Asia Centrale e quello di Slavistica, nascosti nei sotteranei della Biblioteca Umanistica, dove se ne stavano nascosti già da un po' gli Studi d'Arte e Conservazione dei Beni Culturali per disegnari ad occhi chiusi il profilo della Segreteria.. senza sapere che la Portineria era già sulle sue tracce...
ahhhhh..sembro una pazza! Quasi quasi scendo prima e continuo a piedi! Adesso mi viene pure da ridere!!

Odio.. machenneso!!
ci sto bene qui..
Adoro essere in bilico su questo gondolino: tutti in piedi in equilibrio precario.. do la mia moneta a Caronte, il soldo della salvezza.. 50 centesimi per abbandonare il Limbo ed avventurarsi nel magico Inferno!
Adoro girare per queste calli strettissime, arrivare ad un passo dalla una curva a gomito ed esitare un attimo... prima di guardare chi si nasconde dietro l'angolo... scartare un regalo e sbirciare la scatola dal buco che ho fatto nella carta.
Adoro dover fare gincane tra cani vagabondi... provando anche una certa invidia per la loro beata tranquillità, mentre io tengo la borsa, m'appiccico al muro e salto il sacchetto appoggiato al muro
Adoro l'odore che c'è intorno; lo sporco che si deposita tra le pietre.. adoro sentirle così irregolari sotto ai piedi; adoro molleggiare sulle travi di legno mentre gli operai sistemano le tubature in acqua.
Adoro camminare con l'mp3 a volume basso per sentire le vecchiette chiacchierare da un balcone all'altro... vederle passarsi il filo bianco su cui attaccarci magliette colorate. Adoro sentirle sfilare sopra alla testa, filtrarmi una luce sfumata mentre loro attraversano la strada... ecco, passano indisturbate, nemmeno guardano a destra o sinistra, niente traffico... solo una fila ordinata di colori disordinati!
Adoro passare davanti a questa barca di frutta e verdura! Solo a Venezia può capitare di prendere un chilo di mele in una barca!!
Adoro le facce dei turisti che guardano meravigliati l'ambulanza passare a sirene spiegate che.. galleggia! Adoro quell'espressione stranita!!
Adoro le calli che se ne escono direttamente in laguna: strade senza destinazione! Lì ogni volta sembra la prima volta... ecco dove l'hanno ideata la pubblicità della Philadelphia!!
Adoro entrare in panificio a prendermi un pezzo di pane con l'uvetta con il solito tipo strano, seduto sulla seggiola a lato del bancone, che commenta tutte le ragazze straniere che entrano... loro sorridono, compiaciute... torneranno a casa dicendo che gli italiani sono semrpe gentili... o che sono tutti pazzi e non hanno ancora capito che l'italiano, a parte in Italia, non lo conosce nessuno!! ahah


Adoro camminare ad un centimetro dalla porta di casa della gente! Nessun cancello, nessun giardino.. la porta è lì, accanto a te.. a volte è pure aperta.. come a volerti ricordare che c'è sempre posto!

Stamattina adoro!

Io adoro Venezia!!
.. anche se continuo ad odiare questo tavolo che traballa!!mhhhhhh

venerdì 3 ottobre 2008

Seduti in un bar


Discover Emmylou Harris!




Chissà cosa passa per la testa ad uno che vuole aprire un bar..
Io lo aprirei per chiuderlo la sera!
Chiudere la porta è far entrare tutte le vite che si sono appoggiate ai tavolini.. portar dentro le sedie su cui si sono incrociate voci diverse, sgabelli che son state spostati qua e là, come in un giro di giostra.
E poi riaprire al mattino... per far uscire tutte quelle briciole di storie, nascoste sotto il tappeto e lasciarle passeggiare per la strada... per potersi aggrappare alle suole degli altri e farsi portare in giro.

Alle due di notte fai il tuo ultimo brindisi con quei frammenti di vita, di ciò che sono stati anche solo per qualche minuto o magari per qualche ora.
Appoggiarsi al bancone e guardarsi intorno, con una birra fredda tra le mani.. il silenzio ti fa rivivere quelle vite e le mescola; ti passano davanti agli occhi le facce...
Lo sguardo dei due che escono insieme per la prima volta: lui che passa nervosamente le dita attorno al sottobicchiere, quasi a volerne fare un solco eterno, sul tavolino; lei che ogni tanto accarezza il legno con i capelli, per portarsene via il profumo, sentirselo addosso.

Risenti le risate fragorose del gruppo di amici dopo la partita di calcetto del mercoledì sera... con le gambe ammaccate che se ne stanno appese al poggiapiedi, con i loro cin-cin sbucciati... con la politica che si ubriaca nella birra e le chiacchiere che se ne vanno con il fumo di sigaretta.

Nell'angolo in fondo, poi, quella sera c'erano due ragazze. Non lo vuole mai nessuno quel tavolino.. invece loro l'hanno cercato e se ne sono state lì, fino alla chiusura. Forse perché lì ci si ripara meglio dalla luce e dalle sue zanzare, si sta giusto ad un passo dalle ombre degli altri.
Quando ci appoggi la mano per raccogliere la tazza e il bicchiere caldo, ormai secco, ti ci ritrovi attaccato..
impigliato nei loro discorsi.
Ecco perché se ne sono state così, sul ciglio della strada! Forse volevano liberarsi la testa dalle parole e le hanno appiccicate tutte qui, sul legno.. gocce di sogni e briciole di ricordi...

Potresti seguire le loro storie passandoci un dito sopra, come quando studi una camminata tra le montagne con una cartina tra le mani.

Ma quelle storie non ti appartengono
sono paesaggi mozzafiato o dirupi profondi.. ma senza la fatica della strada percorsa, non ti dicono niente!

Non ti appartengono e sono belle per questo
perché tu, con un colpo di spugna, puoi cancellarle!

chissà, forse è l'unico modo per liberarle davvero, spianar loro la strada.. magari è proprio quello che cercavano, tra le ombre
chissà, forse adesso potranno chiudere gli occhi e addormentarsi più tranquille..





mercoledì 1 ottobre 2008

Improvviso a quattro mani: "In rilievo"


Sedute fianco a fianco, due note. Davanti ad un puzzle di tasti, un twister in bianco e nero.

Due mani alle finestre, impegnate in assoli d'improvvisazione. A pizzicare l'aria... rubarle i movimenti, le pause e i contrappunti

Due mani incrociate in un ballo abbracciato. Per trasformarla in musica.


liberamente ispirato da "Insieme" di Daniele Silvestri
musica: "Improvviso in SI minore, per pianoforte"- Neverland Classic Ensemble


 

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