La maggior parte di noi si porta dentro, da sempre, un viaggio, che non è una semplice visita, ma un sogno. E va crescendo a poco a poco, costruendosi una delicata architettura. E’ un’amabile malinconia, che sviluppiamo con un complicato processo: senza voli aerei, senza tempo, senza soldi. Dalle palpebre verso dentro.

Un viaggio di questo tipo si alimenta di letture, cartoline illustrate, carte geografiche, ortografie, persone che arrivano con delle notizie, avventure vissute da altri e di cui uno si sente partecipe, nell’oscurità di una sala cinematografica o a casa, soli davanti al televisore.

Un pezzetto dopo l’altro prende forma il paesaggio che si riproduce una realtà che non si può toccare, ma forte come il vincolo che unisce il corteggiatore alla sua amante segreta. Credo sia una sorta di pellegrinaggio che ha a che vedere con il luogo a cui, per motivi misteriosi, sentiamo di voler appartenere

(da “Amor America” di M.Torres)

Perle di saggezza popolare (grazie a Venessia.com)

Io vado...

...nella mia nuova casa

domenica 30 novembre 2008

Stacca la spina... Staccala!


PLAY

E' una corsa. Girare la testa e sorridere a chi sta dietro; mettersi a due centimentri di ruota da chi ti sta davanti, appoggiare il respiro sulla sua bisaccia per sentire che c'è. O vedersi ultimi, con la strada che corre più veloce di te.... vedersi sempre più lontani e farsi accarezzare dall'idea di accelerare.

E poi, in un momento, sentirsi bene lì, indietro, scarsi, stanchi... ultimi! Lontani dal fruscio degli altri e sentire solo i pedali, solchi nella neve.
Guardarsi attorno e pensare di essere in un sogno...
rallentare...
ascoltare i muscoli...

dare il ritmo giusto alle ruote...




REWIND

I ricordi balbettano fotografie che appaiono disordinate.


Accendo l'incenso e mi lascio guidare tra le parole, tra quelle fotografie.
Rivedo quel bacio
Risento quel sorriso... quasi riesco a risentire il gusto di quel gelato



e ricordo quel viaggio di tanti anni fa...
rivedo le luci sul foro, risento il profumo della carbonara calda, ritrovo le telefonate e le parole.
Risento i piedi stanchi appoggiati alla panchina di Santa Sabina... rivivo quell'aria di casa, lontana chilometri e chilometri dalla mia... quell'aria calda che inaspettatamente ogni tanto riappare, lieve.

Libero, sorridente
ripensandoti
come foglia al vento
carico di profumi

(da "Stacca la spina" di G. Barbarotta)


Il treno ha chiuso le sue porte e il mio viaggio continua; qui; nelle telefonate veloci, negli itinerari tra il vino e le statue ammaccate dal tempo. Il mio viaggio continua nel silenzio di quelle parole che si perdono tra i vicoli nascosti dei ricordi.
Il tuo è ricominciato, nel mio silenzio e nei tuoi sorrisi... so che risentirò quel fischio passarmi accanto, sorridermi, svegliarmi.




FAST FORWARD

Tornerò lassù, un giorno.
Riappoggerò i piedi su quella panchina per fischiare anch'io; e risvegliare la grande città.



PAUSE
Il mio cuore è come una nube,
vuole vagare in mezzo al cielo.

Aperti gli occhi verso la terra
vuol sorridere come l'alba.
Il sorriso s'unisce alle nubi,

il sorriso vaga per l'aria:
sorriso d'aurora, sorriso di fiore
si spande per il giardino.
Il mio cuore s'innalza in cielo
vuole fiorire come l'aurora.

(da "Sissu" di R. Tagore)




Ero irritabile, instabile, soggetto a troppi alti e bassi. Gli dissi che mi sembrava di guardare il mondo attraverso un caleidoscopio: una piccola mossa e tutto appariva verde; ancora un leggero tocco e tutto era rosso, poi nero e poi oro. Volevo fermare il caleidoscopio, così che tutto restasse d’un colore. Volevo mettere fine agli alti e bassi, che tutto fosse pari.

(da “Un altro giro di giostra” di Terzani)



Uno è che non sono ancora riuscito ad avere un rapporto giusto col tempo e a considerare il mio tempo come tempo per gli altri al modo in cui faceva il Swami. Mi piacerebbe tanto arrivarci!
L'altro problema è che continuo a identificare la pace interiore con la solitudine, la mia armonia col vivere in un eremo in montagna. La lontananza dal mondo è ancora una condizione necessaria del mio stare in equilibrio. E questo è un segno che ho ancora molto da lavorare. Per questo ho cominciato da poco a fare un esercizio che i tibetani, i sufi e tanti altri hanno fatto per secoli. Disteso per terra guardo il cielo. Contro l'azzurro si muovono, leggere, delle nuvole. Ne fisso una, la seguo, mi ci identifico. Presto divento quella nuvola e, come quella nuvola, senza peso, senza pensieri, senza emozioni, senza desideri, senza resistenza, senza direzione mi lascio andare nell'immenso spazio del cielo. Non ci sono sentieri da seguire, non una meta da raggiungere. Semplicemente vagare, aleggiare, vuoto come la nuvola. E come la nuvola cambio forma, prendo tante forme, poi divento evanescente, mi disfaccio, scompaio. La nuvola non c'è più. lo non ci sono più. Resta solo la coscienza, libera, senza legami, una coscienza che si espande. Ho cominciato a fare quest'esercizio sul mio crinale sopra lo strapiombo. Ora debbo imparare a farlo dovunque: su un prato nell' Appennino, sulla terrazza della casa a Firenze o al margine di un'autostrada. Se riesco a immagazzinare quel senso di vuoto della materia, così come credo di aver finalmente capito che il silenzio è una dimensione interiore e non fisica, avrò fatto un passo avanti, smetterò di considerare il quotidiano come una piovra dalle mille braccia, il tempo come «mio» e a dover scappare nell'Himalaya per sentirmi in pace. Ci lavoro.

(da "Un altro giro di giostra" di T. Terzani)




Giovane viaggiatore,
dimentica le stanchezze del viaggio,

procedi con coraggio!

Non spegnere nell'anima

la luce del tuo cammino.


(da "Sfulingo" di R. Tagore)




STOP
Quello che volevo dire
e non ho detto

era solo questo:

Attraverso la mia porta

davanti agli occhi

ho visto mille volte

l'universo eterno.
L'eterna intelligenza dello sconosciuto

ogni giorno in tanta semplicità

ha riempito l'intimo del cuore:

non so se potrò dire con parole semplici

questa verità


(da "Balaka" di R. Tagore)




PLAYCi lavoro.

lunedì 24 novembre 2008

della serie... a volte ritornano!


Due anni fa mi è stato chiesto di fare una “testimonianza di vita” per alcuni ragazzi di 17 anni… non che il mio zaino traboccante di grandi esperienze, ma, si sa, i ragazzi riconoscono quelli che hanno da poco percorso la loro strada, quelli che stanno poco più avanti… non troppo da perderne la scia, ma abbastanza per poter riconoscerne le orme.

Li ho accompagnati lungo il mio sentiero: c’ho messo dentro canzoni e qualche fiaba per allietare il cammino, c’ho infilato un pizzico di amarezza ed ho condito il tutto con della salsa piccante… insomma, tutto ciò che sono in tutto quello che mi racconta.
Li ho lasciati con un pezzetto di un famosissimo discorso di Martin Luther King, che a me piace tanto…

Se sei destinato ad essere uno spazzino, pulisci le strade come Michelangelo dipingeva i suoi quadri, come Beethoven componeva musica, come Leontyne Prince cantava davanti al Metropolitan, come Shakespeare scriveva poesia. Pulisci le strade così bene in modo che tutti gli abitanti del paradiso e della terra si fermino e dicano: “Qui visse un grande spazzino, uno che fece bene il suo lavoro.” Se non puoi essere pino in cima alla collina, sii un arbusto nella valle. Sii, sii il miglior piccolo arbusto sul fianco della collina.
Sii un cespuglio se non puoi essere un albero. Se non puoi essere una strada maestra, sii semplicemente un sentiero. Se non puoi essere il sole, sii una stella. Perché non è per le dimensioni che si vince o si perde. Sii il meglio di qualsiasi cosa tu sia.

Insieme alle parole, ho lasciato loro un pezzetto di pastello, un rimasuglio… uno di quelli consumati dai disegni, dagli schizzi e dalle sfumature.
Con un solo augurio: qualunque sia la vostra strada, tenetelo sempre in tasca e sappiate colorare tutti quei fogli bianchi che vi capiteranno sotto al naso, facendo sempre il più bello dei vostri disegni.


Oggi me ne stavo a casa, con lo stomaco ancora in subbuglio; stavo davanti al mio computer a battere parole che, oggi, oggi proprio, non mi dicono nulla… una dopo l’altra; così, come sono scritte: passano attraverso gli occhi, si cambiano le lettere e tutto resta uguale… non è questo, quello che fa un traduttore di solito, ma oggi è così… oggi sono come quel Babelfish che infesta internet… oggi quelle parole non hanno sfumature, tutte uguali, tasti che si intervallano… lettere che, una accanto all’altra, matematicamente creano parole…
Capita…

Ad un certo punto suona il campanello
E’ lei! Ha passato anni con me: le ho sistemato il fazzolettone, l’ho portata in tenda con la febbre e il mal di schiena, l’ho sgamata in giro di notte a veder le stelle, mi sono crepata di risate a sentirla raccontare storie strampalate e le ho tenuto la testa tra le spalle quando le parole non bastavano più… ho ascoltato i suoi sogni di domani e mi son sentita piccola davanti alla sua meravigliosa fantasia.

Oggi ha suonato il campanello e si è seduta accanto a me
Ho chiuso il computer e ho sorriso a questo bel regalo, capitato lì all’improvviso

Chiudi gli occhi, mi ha detto…
mi son sentita tra le mani una decina di tubicini di legno, pastelli direi… sì, l’odore era inconfondibile! Pastelli!

e scegline uno…
sempre ad occhi chiusi, faccio scivolare le dita e ne prendo uno. Me lo passo tra le dita e sento che la punta è tonda, un po’ consumata; il dietro un po’ scheggiato, qualche ammaccatura sulla lacca…
senza pensarci troppo, lo annuso, ci gioco...

Rimani con gli occhi chiusi e ascolta:
Chi mi conosce a volte si lamenta del fatto che per me le cose sono o bianche o nere. In effetti, qualche mio collega potrebbe dire: «Se cerchi un consiglio netto, o bianco o nero, vai da Randy. Ma se cerchi un'idea o un consiglio che abbia una qualche sfumatura, non è lui la persona giusta». Okay. Ammetto di essere colpevole, e da giovane ero peggio. Dicevo che la mia scatola di pastelli conteneva solo due colori: bianco e nero. Credo sia questo il motivo per cui mi piace l'informatica, perché quasi tutto o è vero o è falso. Invecchiando, però, ho imparato a capire che una buona scatola di pastelli ha più colori. Ma penso ancora che se si vive la vita nel modo giusto, il bianco e nero si consumeranno prima degli altri colori. In ogni caso, qualsiasi sia il colore, amo i pastelli. Alla mia ultima lezione ne avevo portati centinaia. Volevo che tutti ne avessero uno quando avrebbero lasciato l'auditorium, ma quelli alla porta si sono dimenticati di distribuirli. Peccato. La mia idea era questa: mentre parlavo dei sogni dell'infanzia, avrei chiesto a tutti di chiudere gli occhi e sfregare il pastello tra le dita -per sentirne la consistenza, la carta, la cera. Poi avrei detto di portare i pastelli al naso per annusarli. L'odore di un pastello riporta all'infanzia, non è cosi? Una volta ho visto un collega fare una cosa simile con i pastelli con un gruppo di persone, e l'ho trovata un'idea ispirata. Infatti, da allora, ho portato spesso con me un pastello nel taschino della camicia. Quando ho bisogno di tornare indietro nel tempo, mi faccio un'annusata. Ho un debole per il pastello nero e per quello bianco, sono fatto cosÌ. Ma tutti i colori hanno la stessa potenza. Annusateli. Vedrete.
("L’ultima lezione" di Randy Pausch)


Apro gli occhi meravigliosamente confusa

Ora ho un pastello azzurro tra le mani…
e vedo che c’è ancora un bel po' di colore da usare!

...e, ormai si sa,
a me non piace aspettare! eheh

venerdì 21 novembre 2008

E' solo un trasloco

Oggi la mia casa è una conchiglia, di quelle tutte attorcigliate. Dev'essere rotolata male, deve aver preso una botta, qualcuno dev'essersi avvicinato con una scarpa..
oggi è scheggiata..
capita..
oggi sto con la testa sotto..gli occhi vedono il cielo, ma le orecchie non sentono il vento..
oggi ho voglia di non sentire..
a forza di sentire, mi sono ingrassata e mi sto stretta, oggi.

Eppure, stamattina, alle 6, quand'è suonata la sveglia, la mia casa era un albero. Era verde, umida e accogliente. Le foglie scricchiolavano e mi facevano il solletico, stavo in alto, a penzoloni sul ramo più alto con il sedere al sole e il sorriso alle melegrane.

Qualcuno dice che ogni passaggio è una trasformazione: si è trasformata in un'orchidea, dicono.
Qualcuno pensa che si sia solo fermata un attimo e si sia incollata a quella coperta scura, blu..e da lì guardi giù, saluti.
Qualcuno è convinto che stia pagando i conti rimasti in sospeso.
Qualcuno crede che abbia iniziato a vivere, solo ora, solo addesso.
Qualcuno immagina che sia tornata alla terra, che sia di nuovo acqua e spirito.
Qualcuno sa che oggi è il primo giorno del tempo che gli resta..tutto il resto, non si vede..quindi non conta.

Io oggi guardo il cielo da dentro, stretta; ma al coperto..
Oggi non ho voglia di chiedermi, né di pensare, o ipotizzare, o credere, o sapere.
Adesso ho voglia di dare un bacio a mia mamma, trovare la parola giusta per tradurre flying temper, mettere su il cd che mi ha regalato mia sorella per la maturità e flasciar scorrere la matita.


Oggi mi piaccio con la mia casetta scheggiata e con il silenzio intorno.

Intanto mi immagino la casa di domani.. forse tornerò col sedere al sole; o forse sarò in una casa di mattoni con lui, un caminetto e un libro chiuso.

Ma è solo un trasloco.

Mi piacciono i traslochi

mercoledì 19 novembre 2008

Nelle scarpe di Ghillie Dhu

Tutto è iniziato con una deviazione, una strada imprevista. Chissà perché...
Tutto è continuato con un incontro, una risata.. una nostalgia, un cambio di programma.
Mi sono seduta e ho guardato quel folletto rosso col cappello verde e le scarpe a punta, giocare con ramoscelli, bottiglie colorate e palline di carta.. si è infilato nella mia fantasia e nei miei ricordi, ha sbirciato nei miei sogni e mi ha fatto commuovere.
Poi tutte le parole sono affogate in un caffé.. solo per un'ora.. ma non sapevo che così tante cose si potessero infilare una ad una dentro i minuti.. sembra sempre che scorrano via veloci, a volte sembrano vuoti, ti sembra di perderli, di non metterci dentro abbastanza.
Ieri no. Dentro ad ognuno di loro si sono infilate talmente tante cose che ora non saprei nemmeno più ricordale tutte.

E' un gioco: mi ha raccontato una storia e io dovevo inventare il finale e dare un volto al protagonista, scegliergli i vestiti e il colore del cappello.
Sono uscita da quella storia con una carta in mano ed un nuovo nome: la stessa identità ed un vestito nuovo.


(foto: Irlanda, Bray - Il sentiero dei folletti, settembre 2005)

La cultura celtica è popolata di strani personaggi: streghe, fate, spiriti e folletti. Si dice che siano loro a camminare per le strade della nostra fantasia.
La mia ho scoperto essere composta soprattutto da folletti, i Leprecauni.
Chi sono?
Sono piccoli spiriti, spiritelli d'acqua. Sono fatti per metà da corpo e per metà da spirito; amano fare scherzi e burla, sono ingegnosi e a volte perfino cattivi. Sono servizievoli con chi si mostra grato per il loro magico lavoro e diventano malvagi con gli avari e i ladri.
Sono timidi e si nascondono, solitamente sono schivi ed amano la solitudine, ma si racconta che amino molto anche la compagnia degli altri folletti e delle fate, alle quali costruiscono le scarpe.
Un attimo ci sono e un attimo dopo se ne son scappati via: l'unico modo per trattenerli è guardarli fissi negli occhi.

Ogni città fantastica possiede "un viaggiatore", è il nostro specchio nella fantasia di come camminiamo per le strade del mondo, di ciò che siamo insomma.
Nella mia città fantastica, il mio "viaggiatore" tra i folletti ho scoperto essere Ghillie Dhu, il guardiano degli alberi, un folletto che ora appartiene soprattutto alla cultura scozzese.

E' un folletto fatto di muschio e foglie secche che appartiene al popolo delle fate; vive nei boschi, nascosto tra gli alberi, dei quali custodisce ogni segreto.
E' curioso e simpatico ma diventa malinconico guardando la luna. Ama trasformarsi d'aspetto, ma non dimentica mai di chi si è dimostrato curioso e servizievole. E’ selvaggio e timido, ama la solitudine ma non disdegna la compagnia di quelli che sanno ascoltare la voce degli alberi.
Si fida solo del suo istinto: solitamente si mimetizza tra le fronde per osservare i viandanti passare e per burlarsi di quelli che sono in difficoltà nelle tenebre della notte. Si intristisce quando percepisce il dolore; scappa quando sente la rabbia; si avvicina quando sente la bontà e diventa malvagio quando percepisce l'arroganza.
E' uno dei folletti più contraddittori: ama burlarsi dei viaggiatori che hanno perso la strada di casa, ma è molto gentile con i bambini. E’ infatti lo loro spirito protettore dei loro sogni, quando si inoltrano nelle tenebre della foresta. Dicono che i bambini gli vogliano bene soprattutto perché, attraverso tutte le sue trasformazioni, lui li accompagna lungo i sentieri bui raccontando fiabe e simpatici indovinelli.. in questo modo dimenticano la paura e sognano col sorriso.
Viaggia con le scarpe rotte e nel cappello nasconde la foglia magica per curare le radici ferite degli alberi. Cambia spesso d’umore e si trasforma continuamente; scappa quando viene avvicinato ma si incuriosisce quando viene cercato.

Mi piace!
Ghillie Dhu... ahahhhh


E per chi non ci dovesse credere... grazie alle foto di Janas, ora ne ho le prove!!
Dite la verità: non lo vedete quel Ghillie Dhu nell'albero?!


E' lui!!!
Troppo bello!!

Non siamo in Irlanda, ma in terra Sarda... a Ortachis! Perché proprio in Sardegna?!?! Date un occhio qui!
Grazie Ja'!

venerdì 14 novembre 2008

Un ramo tra i capelli... e uno scoiattolo che dorme


Se posso, scelgo sempre il sedile vicino al finestrino, sempre per via dei riflessi.
Ne trovo uno libero, mi siedo e apro il mio libro.

Accanto a me arriva un bimbo saltellante.
Avrà 7-8 anni, due occhioni verdi e una scimmia di capelli dietro alla testa. Già questo era un segnale... i capelli sono un segnale!: chi non ci mette troppo a sistemarli, non li costringe a stare dove e come vorrebbe lui.. li lascia liberi di stiracchiarsi.. mah, chi fa così coi capelli, mi dà l'idea che faccia lo stesso con la testa!
Quella scimmia e quel sorriso contagioso, mi davano una bella sensazione.. mi stava simpatica questa piccola peste!
La mamma intanto gli stava davanti; ogni tanto allungava la mano alle gambe dicendogli Stai-più-in-qua-Siediti-bene-Non-disturbare-la-signora...

(
LA SIGNORAAAAA!??!
mmmhhhh
)


Mi son messa comoda ed ho aperto il mio libro [Terzani, "Un altro giro di giostra"], pagina 433
Il villaggio di Derisanamscope era un posto incantato: il più insolito, uno dei più interessanti, certo il più sereno e pacifico in cui sono stato in India.
Ma che non ci vada nessuno, credendo di trovare quel che ci ho trovato io, perché ognuno fa di ogni cosa -un posto, una persona, un avvenimento- quello che vuole, quello di cui, in quel momento, ha bisogno. E niente, niente come la fantasia aiuta a vedere la realtà.


Bella 'sta frase, penso.
Mentre la sottolineo, il bimbo mi fa:

"Hai un ramo incastrato tra i capelli!", guardando il solito bastoncino che tengo infilato in testa.

ahhhhhhhhhhhhahahahahahah

..mi viene da ridere! sorridono tutti, a dire il vero! anche quello che mi sta seduto davanti e finge di dormire.. lo percepisco il suo sorriso, senza nemmeno doverlo guardare!!

"Shhhhh", rispondo io sorridendogli, "parla piano.. potresti svegliare lo scoiattolo che c'è attaccato"
Lui, al volo: "Ma vaaaaaaaa è impossibile! gli scoiattoli stanno nei buchi"
La mamma mi guarda, rossa in viso, sorride e gli ricorda che non deve disturbare la signora che legge

(
ancora con 'sta signora?!?!
ahhhhh
)

Io riprendo la mia lettura, ma con la coda dell'occhio vedo che lui non toglie lo sguardo da quel ramo tra i miei capelli.
Che spettacolo!

So benissimo che non ci crede, alla storia dello scoiattolo. Ma è come con Babbo Natale: i bimbi, ad una certa età smettono di crederci tutti, ma a 60 anni continuano a scendere nel mezzo della notte per lasciare un regalino alla persona che amano, di solito proprio la notte del 25 dicembre. Coincidenze?
Io non ci credo alle coincidenze...


E' sceso subito dopo. Mi ha salutato, ma con lo sguardo stava fisso al ramo.. credo volesse salutare lo scoiattolo che non c'era, più che me.
Chissà, forse tornando a casa avrà raccontato alla mamma che lui, solo lui, ha visto anche la coda spuntare tra i miei capelli.
te lo giuroooo, c'era!!

Continuo a sorridere alla fantasia e chiudo il libro... ho quasi paura a continuare! per oggi, troppe coincidenze!

Buahahahah... James chi?!?!

Per la prima volta ho visto un film di James Bond!! Eh sì... cosa non si fa per amore!!
Non parlo della trama perché ho scoperto che quella... non è importante! Quello che conta davvero è affascinare lo spettatore attraverso quegli occhioni azzurri di un superuomo dal fascino misterioso e dall'impareggiabile coraggio.
?!?!? ... (mmmmah)

Non capisco perché si dica sempre che i suoi film siano pieni zeppi di azioni impossibili e situazioni improbabili...

perché?!?!

io mi ci sono riconosciuta!
qualche esempio??

- James Bond beve un bicchiere di scotch e un minuto dopo si butta all'inseguimento del malfattore tra i tetti di Siena con un’agilità invidiabile…
io di solito mi devo accontentare di uno spritz ma poi anch'io mi lancio all’inseguimento… della mia ombra! sperando che, almeno quella, mi porti a casa!


- Il posto migliore per un inseguimento è sempre tra le terrazze delle case… e, guarda caso, le terrazze son sempre a cinque centimetri una dall’altra…e, guarda caso, i due impavidi protagonisti prendono sempre due file di case parallele, rispettivamente uno da una parte della strada e l’altro, guarda caso… dall’altra!

Succede sempre anche a me, solo che più comunemente gli impavidi protagonisti sono un banalissimo pallone che i lupi hanno lanciato senza meta e… io! che per dovere morale, mi sento di intervenire e dimostrare la mia audacia di “adulto responsabile presente sul posto”.

Di solito funziona così: il pallone sale sale sale
rimbalza sul tetto
e poi scende scende scende…
finché, ad un certo punto
lo perdi…

ma! dove cacchio s’è fermato adesso?!?!

Ecco, lui se ne sta accovacciato nel suo nascondiglio e, da lì, ti lancia la sfida!
Tu studi il percorso migliore mentre ti lanci con sfacciata self-confidence verso le scale antincendio e succede sempre che, dopo qualche peripezia e un po' di free climbing sulla terrazza, scopri sempre che… è caduto sull’altra, quella a fianco! che, solitamente, si trova a (numero di centimetri della tua gamba tesa in massima estensione) + (1)


- Nello 007-ufficio, hanno un tavolone enorme sulla cui superficie è inserito uno schermo di un computer, touch screen e a comando vocale: basta una parola e un movimento col dito e tutto miracolosamente appare a colori e in massima risoluzione…
Il mio computer è un modello avanzato di touch screen… solo che di solito col dito fa fatica a capire... diciamo che è più intuitivo invece quando sente il pugno!!
Per quanto riguarda i comandi vocali invece, non li riesce ancora a decifrare per bene… ma qualcosa mi dice che forse è meglio così… se comprendesse i miei, di “comandi vocali”, temo si sentirebbe offeso!


- James Bond, sul tetto del Teatro dell’Opera di Vienna, che ospita centinaia di migliaia di omini in tight nero, s’affaccia e riesce ad individuare, una ad una, le facce di quei venti furfanti che, disseminati in tutto l’edificio, stanno complottando tra loro con una cuffietta all’orecchio …
Ecco, questa è una cosa su cui devo migliorare! Sarà per colpa di quella mia leggera miopia che solitamente ho difficoltà anche a riconoscere le persone in fondo alla strada!!

Maaaaa
a questo si può rimediare!!

Buahahah... James Bond... ma chi xe?!

mercoledì 12 novembre 2008

Eureka!

E’ una storia lunga… è complicata… è fatta di ieri, e di oggi.
Ci vuole tempo, ci vuole voglia…

Ma al bivio si può scegliere:

La scorciatoia
Non mi piacciono i riassunti, ma ho spesso incontrato persone di fretta… sono quelle che, incontrandoti, ti chiedono “come va?” mentre pensano già a quanto pesi quella borsa, a cosa cucinare a pranzo, a quando potranno iscriversi al corso di nuoto… chi va di fretta ama leggere poche righe e rispondere con poche parole, per poi riprendere la corsa… ecco perché questo “Bignami dei miei pensieri”… che poi, non sono nemmeno i miei…

Occhio però, che a far le scorciatoie, si mette a dura prova il fiato!


I tornanti
Tutto è iniziato lunedì, tra i fumi nebbiosi di un tè bollente… no, anzi, molto prima! Tutto è iniziato con un incrocio e un incontro e un inceppo… non un giorno, non un’ora… ma in… dentro.

Lunedì son tornata a casa tra la nebbia, che già alle 5 del pomeriggio offuscava i passi. La strada è la strada di sempre: ne conosco ogni curva, ogni avvallamento… è come tornare a casa ad occhi chiusi, guidati solo dal ricordo. Sì, la strada la conosco… ma quella nebbia mi confondeva e mi inquietava… mi ricordava un orologio in cui s’infila dentro dell’acqua: il quadrante rimane immerso e le lancette si nascondono… o una bussola smagnetizzata, con il nord che gioca a mosca cieca e cambia e gira, ovunque tu scelga di andare…

Ho chiuso la porta, con uno scatto, ed ho nascosto la chiave per non far entrare quella nebbia dentro casa… mi sono rifugiata nella luce, limpida.

Mi sono fatta una tazza di tè bollente, pensavo fosse per scaldarmi le mani e toglier quel sapore di umidità allo stomaco… ma in realtà mi son ritrovata immersa in quel fumo caldo… a lui ho affidato gli occhi…
Cercavo la nebbia… quella che avevo nervosamente attraversato lungo la strada, quella che ho chiuso con un sospiro di sollievo dietro la porta, lasciandola fuori, fuori da me…

E poi incontro Amelie

Vado a tentoni nella stanza… incontro altre mani che cercano… non credo stiano cercando quello che cerco io, ora… ma poco cambia: siamo tutti ciechi alla ricerca della luce.
Intravedo un bagliore, mi avvicino piano… le mani si sfiorano appena… non credo di poter sfruttare quella luce fioca, basta appena per lui… ma bastano poche parole e in quell’incrocio di mani, mi resta un fiammifero…
lo accendo.

Intorno a me c’è un gran numero di cose, e persone: qualcuno se ne sta appoggiato al muro, in silenzio; qualcuno sta chiacchierando, con altri, lontano da me; qualcuno mi è di fianco e gioca a dare all’ombra, la forma di un alce e di un serpente…
qualcuno se n’è andato: è ad un passo da me, ma la testa guarda altrove, si avvicina ad una porta… forse entrerà e la chiuderà alle spalle… forse potrei seguirlo… è quel che faccio, in effetti.
Mi avvicino, da dietro sorrido, ma non c’è spazio per me, ora. Tutto quello che lo riguarda viene racchiuso nella luce del fiammifero… tutto il resto è fuori, buio, invisibile. Io me ne sto a pochi passi da quella luce e vedo che dentro c’è già parecchia gente… faccio un passo indietro, faccio un cenno con la testa, saluto… ma nel buio non si sente, né si vede…

Mi siedo in silenzio e continuo a guardarmi intorno… il fiammifero si consuma, poco alla volta… e con lui, anche un po’ della mia tristezza… forse finora avevo parlato con le sue ombre sul muro, o forse mi sono fatta ingannare: nel mio immenso gesticolare, non mi sono accorta che quelle ombre, sono le mie… non c’era nessuno: forse stavo parlando con me, con l’ombra di me.
Me ne resto lì un po’, poi mi alzo e torno sui miei passi…

Mi viene in mente una cosa…
Quell’incrocio, quell’incontro, quell’inceppo…
Quel bagliore mi illumina anche la mente… e penso che le parole sono strane, sono strade di altre strade, sono fiumi dentro a mari… impossibile cadere in strade a senso unico: anche quando pensi di aver capito, anche quando dentro di te sai che in vuol dire dentro e solo dentro, vedi un bivio in fondo alla strada…
Come può essere che voglia dire dentro, ma anche senza? Come può essere tutto ed il contrario di tutto? Quindi può essere che io sia dentro, ma mi senta fuori?
In…


Con quel mozzicone di luce che mi resta, mi avvicino al libro e leggo:

Eppure, a volte basta poco per rendersi conto anche del resto..
Tagore, il grande poeta bengalese, lo dice con una semplice similitudine. Una sera è a bordo di una casa galleggiante sul Gange e al lume di candela legge un saggio di Benedetto Croce. Il vento fa spegnere la fiamma e improvvisamente la stanza è invasa dalla luce della luna. E Tagore scrive:

La bellezza era tutta attorno a me,
Ma il lume di una candela ci separava.
Quella piccola luce impediva
Alla bella, grande luce della luna di raggiungermi.


Penso che quel fiammifero ora non mi serve più: mi stavo confondendo tra la sua luce e le sue ombre. Lo spengo e mi faccio guidare dalla luce che mi viene da dentro, la mia.


Non mi piace l'inverno, ma mi piace vedere le foglie nascere, arrossire e salutare. Mi piace sentire il vento cambiare, entrare nelle ossa e inumidirle e raffreddarle e poi bagnarle di sole..
mi piace arrivare e trovare la nebbia, dopo tanto sole. Mi piace intrufolarmi nelle calli senza vedere bene chi mi sta attorno..

però questa nebbia, che arriva d'improvviso, mi offusca i pensieri… mi nasconde i punti alla fine delle frasi e non riesco più a riconoscere i punti esclamativi da quelli interrogativi… tutto si perde un po'…

ma è bello anche per questo! perché si può dondolare sulle parole, si può ipotizzare dove si arriverà o inventare una fine diversa… prima che arrivino sole e neve ad illuminare o ghiacciare.


Riprendo in mano il mio libro, dal punto alla lettera maiuscola… riprendo la mia strada:


La nostra vita quotidiana è piena di piccole luci che ci impediscono di vederne una più grande. Il campo della nostra mente si è ristretto in maniera impressionante. Così come si è ristretta la nostra libertà. Quello che facciamo è soprattutto reagire. Reagiamo a quello che ci capita, reagiamo a quello che leggiamo, che vediamo alla TV, a quello che ci viene detto. Reagiamo secondo modelli culturali e sociali prestabiliti. E sempre di più reagiamo automaticamente. Non abbiamo il tempo di fare altro. C'è una strada già tracciata. Procediamo per quella.
Nell'ashram non era così. Si aveva il tempo di vivere con attenzione ogni momento. Ci si esercitava ad agire, non a reagire; a tenere all'erta la mente, a essere consapevoli di ogni gesto. Delle zanzare mi ronzavano attorno agli orecchi? Facile reagire distrattamente, sovrappensiero, con una manata. Mi costringevo invece a non ucciderle. E mi piaceva.
Sì, l'ashram era, per tanti versi, uno strano posto. Strano certo per me che, abituato da una vita a stare in mezzo alla gente e a scorrazzare per il mondo per raccontarne le storie…

Altri invece sono convinti che noi, solo noi, siamo responsabili di quel che ci succede, perché “fortuna” e “sfortuna” sono il frutto delle nostre azioni in questa o nelle nostre vite precedenti.

Oggi
Ora

Oggi, ora, la felicità è questo caffè, è guardarci dentro ed accorgermi che nei riflessi c’è nascosto uno di quei cosi che volano in aria, a cui ci stanno appesi i coraggiosi, che si fanno trasportare dal vento.


Scelgo di non finirlo tutto, perché l’ultimo goccio non mi va… lo metto da parte e lo berrò dopo.
Scelgo di tornare giù a correggere sfumature di una traduzione

Scelgo di andare a trovare Marta per vedere quel meraviglioso frugoletto che ha iniziato a respirare l’aria del mondo… si starà guardando in giro e sarà felice solo di vedere gli occhi della mamma e le mani del papà… non credo si dispiacerà che le borse stiano andando male, né che i treni sono in ritardo per via dello sciopero…
Scelgo di mandare un pensiero… a quella che sta ancora col naso chiuso, a quello che sta studiando e probabilmente mi sta pure pensando... a quella che probabilmente di me ha visto solo l’ombra e pensa che sia tutto lì… ora è impegnata a guardare il cerchio di luce del suo fiammifero e non mi sente… ma io ci sono. A quello che non è convinto, ma in fondo pensa che un giorno lo vedrà tutto, il buono; a quello che pensa che salvando gli altri salverà se stesso… forse non è vero, ma almeno non se ne sta a filosofeggiare. A quella che sente al di là delle parole e a quella che sta aspettando che arrivi un segnale… spero solo che non ci siano interferenze!

Io sono qui, e sono ora.
Sono nell’eterna contraddizione di ciò che scelgo di. Ma ci sono.


ps
i pensieri in arancione sono pensieri sparsi dal mio taccuino, di questi giorni
quelli in grigio, da "Un altro giro di giostra" di Tiziano Terzani

sabato 8 novembre 2008

E tante cose son rimaste da dire



Si prendono i turbamenti
e i sentimenti,
le emozioni e le tentazioni,

si mescolano bene,
si amalgama l’immagine con un brodo di fantasia
e ci si fa su una poesia
che si mastica
e si sublima fino a corretta stesura sulla macchina da scrivere

e infine si manda giù,

si digerisce

con un po’ di amaro
d’erbe
naturali

e poi non ci si pensa
più.

(poesia di J.Lussu, liberamente rimescolata)

Posted by Picasa

venerdì 7 novembre 2008

E' una fotografia


"MLK" - U2

Discover U2!


E’ una fotografia.

E’ stanco e ha negli occhi la fatica di chi ogni giorno vede l’alba diventare tramonto, e poi notte. In una mano tiene stretta una speranza: ha la forma di un libro con le immagini di segnali stradali e strade tortuose; con l’altra tiene stretta una maniglia che ora mi pare assomigli più ad un gancio in mezzo al vuoto, una tana di cemento nella bufera.
I suoi occhi scuri s’annebbiano un poco, diventano lucidi… s’abbassano.

Un click. Ci vedo dentro della terra sporca e una barca bucata dai sogni feriti; ci vedo dentro quel momento in cui, nel mezzo di una salita cruda, ti assale la paura e dagli occhi se ne esce tutta quella forza su cui prima contavi, lavata dalle lacrime… è quel momento in cui ti chiedi. Solo ti chiedi.
Ci vedo dentro vergogna… forse la mia.
Poi la mano si stringe a quella sua speranza… un ultimo appiglio, un altro tentativo… quasi a spremere quel cartone per prendersi l’ultimo goccio rimasto, nascosto tra le pieghe.

Io prima avevo le gambe pesanti e la testa gonfia di tanta voglia di tornare a casa; io avevo difeso questo posto… avevo chiuso la porta e le finestre intorno a me e avevo lasciato aperto solo il riflesso del finestrino che mi sta accanto. Prima.
Ora quel finestrino si è spalancato e la mia tana, spezzata.

Siediti…
Un click, che accompagna l’abbraccio di poche parole. Abbasso lo sguardo, vorrei sorridere ma mi sento fragile, sul ciglio della strada… qualsiasi gesto potrebbe scaraventarmi a terra, qualsiasi folata di vento potrebbe togliermi quella maschera di pietra che indosso e scoprire le mie emozioni, togliere la coperta e lasciarmi i piedi nudi.

Il sonno si prende i respiri che avanzano a quelli che son seduti comodi.

Lui s’infila il libro nella giacca e appoggia la testa al finestrino, si arrende a quel riflesso.
Mi sembra di scorgerci una lacrima… ma non so se sia la mia, o la sua.



martedì 4 novembre 2008

Taking a walk


Discover Lou Reed!

Pioviggina. E io ho pure messo le scarpe con la stoffa!… eppure l’avevano detto in tv! eppure a me piaccono tanto! …chissenefrega.
Il cielo è uno spettacolo stamattina: argentato, immobile.

All’uscita dalla stazione tutti s’affrettano ad aprire l’ombrello: in pochi istanti decine di airbag colorati scoppiano in aria. Mentre io m’infilo a testa bassa sotto alla pioggia gustandomi quei fuochi d’artificio, incontro il suo sguardo: siamo gli unici due con il cappuccio della felpa infilato sulla testa e le mani in tasca. Ci siamo sorrisi.
Ci siamo capiti al volo.
O almeno, questo è quel che ho pensato io! Chissà, magari sorrideva all’idea di aver dato una fine assurda ad una barzelletta sentita tra le chiacchiere… o magari si era appena accorto di aver messo due calzini di colore diverso… o forse era semplicemente divertito dal mio cappuccio a punta. Chissà…

Mi piace camminare sotto alla pioggia! soprattutto quando piove appena e le gocce si appoggiano sulle ciglia o sulla punta del naso; mi piace vederle cadere per terra a disegnare costellazioni.
La gente quando piove va via in fretta. Non che di solito sia diverso, ma quando piove tutti sono presi da una certa frenesia… è come se ogni goccia fosse il ticchettio dell’orologio, è come se avessero la sensazione di essere in ritardo, come se il tempo battesse sul loro ombrello a ricordare che sta scivolando via veloce… chissà!
A me invece piace rallentare… adoro tenere le mani in tasca e guardare gli schizzi che spruzzano dalla punta delle scarpe.



Finisco il mio lavoro prima del previsto e, strano ma vero, sarei in perfetto orario per tornare alla stazione e prendere il treno verso casa… ma adesso ho voglia di una passeggiata.
Guarda te, certe volte…! E’ strano come quando si ha fretta, il tempo giochi sempre brutti scherzi: regolarmente ti accorgi di avere appena perso l’ultimo treno utile, ti rassegni all’idea di dover aspettare un’ora per la coincidenza e ti vedi tutti i tuoi bei progetti scombinati sopra al tavolo… carte arruffate da uno spiffero alla finestra!
Invece quando si rallenta senza farsi prendere da quel folletto dispettoso chiamato agenda, si ha sempre tempo di scegliere cosa fare e come farlo… e perché! Incredibile.
Io cerco sempre di riservarmi del tempo per scegliere. In fondo le cose urgenti non sono mai così urgenti… in fondo posso studiare mezz’ora in più la sera… in fondo adesso sarei comunque poco concentrata…
Se fossi una persona razionale, direi che sono solo trappole della mente… ma adesso poco m’importa, ormai mi ritrovo già dispersa per le calli senza una precisa destinazione. Stamattina posso scegliere e faccio scegliere ai piedi!



Mi ritrovo in una calle senza uscita, una di quelle che mi piace tanto, una di quelle che sbuca sull’acqua! Si sa, servono per permettere alle barche di scaricare le loro merci, ma a me piace immaginarle come porti per i pensieri: li aiutano ad immergersi lentamente… quegli scalini li fanno trotterellare giù, a passi incerti come di un bimbo, fino a sparire nel profondo.

C’è una panchina… perfetto! adoro le panchine! Infilo un giornale tra le pieghe e mi metto comoda a sbirciare intorno e…
ritrovo quel sorriso. E’ seduto sulla panchina di fronte, impegnato a disegnare qualcosa su un cartoncino colorato.
Entrambi abbiamo ancora la testa accovacciata dentro al cappuccio.
Penso che nemmeno se ci fossimo messi d’accordo avremmo potuto trovarci in quel buco di mondo… io, ora che ci penso bene, non so nemmeno dove sono finita esattamente… forse nemmeno lui!
Sarei tentata di aprire il libro, ma stamattina non voglio ascoltare altre storie…voglio stare seduta qui a guardare l’acqua che rimbalza davanti ai miei piedi e canta la sua litania, eterna.


Con le orecchie ancora in bilico sulle onde, torno verso casa… lui sembra essere dondolato dai suoi pensieri, non voglio disturbarlo… così mi alzo e sorrido… sono di spalle, non mi potrà vedere, ma so che capirà… ci capiremo al volo! Sorrideremo entrambi… forse a due cose diverse, forse ai suoi calzini spaiati… ma sorrideremo! ed è quello che conta, no?

foto: Venezia

lunedì 3 novembre 2008

Vendesi biglietti

Mi sono presentata al cancello anch’io, con il mio biglietto per il mondo; ma mi hanno rimandato indietro perché avevo il biglietto sbagliato: il mio posto non c’è.
Posso scegliere tra le tribune verdi ed urlare contro la TAV, gli animali rinchiusi nello zoo e la ricerca genetica sulle cavie da laboratorio.
Oppure posso andarmi a sedere in quelle rosse, purché urli che tutti hanno diritto ad un pezzo di pane.
Posso sempre scegliere la tribuna nera a patto che porti con me un manganello ed insulti i neri che, SI SA, non lavorano; i gialli che, SI SA, rubano lavoro; e quelli dell’est che, SI SA, sono la causa della malavita, sono la causa dell'incrementano della droga, della mafia e della prostituzione.
Ma posso sempre scegliere le poltrone candide di chi crede che le preghiere mettano fine alle guerre e che miracolosamente diano da mangiare alla tre quarti del mondo che al momento non ne ha. Dovrei solo indossare una stola d’oro e bere su calici d’argento.
Ma, volendo, mi resta sempre un arcobaleno di altre sedie, purché memorizzi bene ciò che devo dire e ciò in cui devo credere.


Il mio biglietto non c’è… ma fuori dalla porta mi trovo piena di gente che mi vorrebbe vendere il suo, appiopparmi bandiere e slogan da ripetere.

Non ci entro con i biglietti degli altri! Voglio il mio: fronte palco, sull’erba… lì il concerto si sente e si vede meglio; sono in piedi e posso dire quel che voglio.

Davanti a questo stadio ci sono un numero infinito di persone che macina parole ed accuse; gente arrabbiata, stanca, delusa, nauseata… ma tutti hanno il loro biglietto, ognuno col suo colore, ognuno con la sua bandiera.


Passeggio avanti e indietro finché non incontro qualcuno, con la giacca colorata e le mani libere. Si chiama Massimo Gramellini e per la prima volta le sue parole mi fanno tirare un sospiro di sollievo.

"Invidio i dichiaratori assertivi, modello Capezzone o Sabina Guzzanti: sembrano sempre così convinti di indossare le ragioni del bene, contrapposte a quelle del male. Io sono pieno di dubbi, accidenti. Ammiro chi aderisce in toto a uno schieramento o a un’ideologia, condividendone i valori e gli interessi, e giustificandone i vizi con la motivazione tifosa che gli altri fanno peggio
…Io non ci riesco. Sono infastidito dalla volgarità del centrodestra, però mi dà ai nervi la supponenza del centrosinistra. Penso che bisognerebbe dimezzare il numero degli insegnanti e raddoppiare invece i loro stipendi. Ritengo il lavoro precario una forma di schiavitù, ma non appoggio un sindacato che in nome della giustizia sociale finisce per proteggere ingiustamente i furbi e gli scansafatiche
…Sono felice che esista Saviano, ma i libri sulla realtà mi angosciano e per capire davvero come funziona il mondo preferisco rifugiarmi nel linguaggio simbolico della fantasia."

C’è di più.
Domani l’America decide il futuro dell’intero mondo… è incredibile come questo dipenda solo da una crocetta… è come il gioco del tris: l’importante è mettere la crocetta nel punto giusto!
Io resto esterrefatta dall’inconsistenza della Palin e dall’ostentazione nazionalista di McCain; voterei Obama tutta la vita anche se dall’inizio della sua campagna continuo a chiedermi quanta fatica si faccia a fare il secondo Kennedy e quanta speranza ci sia nel poterlo essere davvero.

Inorridisco davanti a quelli seduti nella tribuna nera che sono convinti che la cultura per pochi sia l’unica soluzione per recuperare i soldi buttati finora (e quei pochi, guarda caso, coincidono con quelli che possono pagare), ma mi infurio davanti a chi predica la lotta contro i “baroni” ma poi ti dice che certe cose non si possono cambiare...
Certo, se comprassi il biglietto giusto… eh... forse... forse qualcosa si potrebbe fare!!


Io credo in Kennedy e in quelle sue enormi parole: non chiedetevi cosa può fare il vostro paese per voi; chiedetevi invece cosa potete fare voi per il vostro paese e condivido con lui che il conformismo è il carceriere della libertà e il nemico della crescita. A volte mi piacerebbe che ci fosse qualche Kennedy… oggi, qui…
Porto tatuata nel cuore la frase di Che Guevara che ricorda che siamo realisti, esigiamo l'impossibile... e sono convinta che Gandhi non sbagliava quando diceva che ognuno deve diventare il cambiamento che vuole vedere avvenire nel mondo.
Condivido un sogno di un pastore nero ammazzato da un fanatico perché credo nelle differenze e nella loro ricchezza ma non mi piacciono i luoghi comuni e le prese di posizione a priori.

Sono un’idealista utopica, sì… mi guardo le mani e le vedo libere; mi guardo i polsi e non li vedo insanguinati da quei fili invisibili e taglienti che mi rendono protagonista di uno spettacolo vecchio e banale. O almeno, mi auguro che un giorno, riguardandomi indietro, io riesca a riconoscere che ognuno di quei fili, se c'è, è stato annodato da me, per le mie idee e con le mie idee.

siamo solo noi…



...e io ho la testa parecchio dura!!ehehhh
 

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